Che macchina fotografica è possibile usare?
Esistono diverse macchine fotografiche in commercio: dalle piccole compatte a "mezzo formato", fino alle fantastiche Hassemblad che hanno pellicole, anzi lastre, di 6x7 cm.
Diciamo subito che i telescopi "normali", con qualche eccezione, non permettono di avere immagini nitide vicino ai bordi del campo di vista, semplicemente perchè ciò è molto costoso.
Ma non dovremo disperarci per cercare il formato di pellicola più adatto, perchè, guarda caso, si tratta proprio del comunissimo "35mm" o "24x35" che dir si voglia: in pratica la pellicola con la quale avete fotografato la zia lo scorso Natale.
Con questo formato di pellicola, esistono fondamentalmente due categorie di macchine fotografiche: compatte e reflex. Teoricamente è possibile fotografare con tutt'e due, ma in pratica è molto laborioso e scomodo provarci con una compatta. Molto, ma molto meglio una reflex, che offre il grande vantaggio di vedere esattamente cosa vede il telescopio, come è mostrato dalla seguente figura.
In linea di massima tutte le reflex sono buone, ma alcune sono meglio di altre. Vediamo perchè.
- Poichè i "soggetti" celesti hanno generalmente poca luminosità, è necessario usare pose molto lunghe: in alcuni casi si parla anche di ore. Per questo è quasi indispensabile poter impostare manualmente la posa B o quella T.
- In questi casi le pile si esauriscono rapidamente: una reflex non-elettrica (meccanica) sarebbe l'ideale, ma purtroppo non vengono quasi più fabbricate. Basterebbe anche solo poter usare la forza meccanica durante le pose B o T.
- Se i led che lampeggiano nell'oculare della macchina non si spengono durante le pose, la loro luce potrebbe filtrare nel porta-pellicola e rovinare le foto (è successo a molti!).
Infine, bisogna considerare anche le reali capacità di "tenuta" del vostro telescopio: uno strumento piccolo o con una montatura non resistente, potrebbe non sopportare il peso di una reflex troppo grossa!
Come si collega la reflex al telescopio?
Il collegamento meccanico vero e proprio varia a seconda della finalità della fotografia.
E' bene premettere che i tipi di fotografia più facilmente eseguibili prevedono di smontare l'obiettivo dalla reflex e usare il telescopio come un grande teleobiettivo con o senza un oculare.
Per questo scopo sono molto comuni gli adattatori misti, proposti da varie marche.
Essi constano di un primo raccordo che entra nel tubo del focheggiatore del telescopio ed esce con un filetto 42x1; a questo filetto si può avvitare un porta oculari, il quale termina nuovamente con un filetto 42x1.
Il filetto 42x1 è quello tipico delle vecchie reflex nelle quali si avvitava l'obiettivo: poichè oggi esistono gli innesti a baionetta, bisognerà comprare anche un anello T specifico per la marca della reflex. Un anello T ha, da una parte, la filettatura femmina 42x1, e dall'altra la baionetta per la reflex. In alcuni modelli il porta oculari è allungabile (vedremo subito perchè).
Con un adattatore misto è possibile fotografare in due maniere diverse, a seconda che si usi o no il porta oculari.
Senza porta oculari il telescopio proietta i suoi raggi direttamente sulla pellicola, e quindi è assolutamente analogo ad un teleobiettivo di pari focale.
Questo metodo si chiama del fuoco diretto.
Supponendo che un obiettivo per reflex da 50 mm ingrandisca 1 volta sul formato 35 mm, un telescopio da 2 m di focale fornirà un ingrandimento proporzionale:
50 : 1 = 2000 : x
x = 2000/50 = 40
Con il porta oculari i raggi focalizzati dal telescopio vengono ultriormente amplificati dall'oculare inserito e il metodo si chiama della proiezione dell'oculare.
In questo caso l'ingrandimento dipende dalla focale dell'oculare inserito e anche dalla sua distanza dalla pellicola: questo spiega perchè alcuni adattatori possono variare la loro lunghezza.
Chiamiamo f la focale dell'oculare e T la distanza tra esso e la pellicola: l'incremento di ingrandimento rispetto allo stesso telescopio senza oculari è circa:
i = ( T / f )- 1
Volendo quindi rapportare questo incremento a quello di un obiettivo da 50 mm, si avrebbe un ingrandimento totale di x moltiplicato i. In altre parole è come se si fotografasse con un telescopio dalla focale di x moltiplicato i.
Sottolineiamo subito che variando l'ingrandimento con questo metodo, varia anche il rapporto focale del telescopio.
Se, ad esempio, un telescopio è un f/5, e se utiliziamo una proiezione dell'oculare che offre un incremento ( i ) di 10 ingrandimenti, il rapporto focale finale diventa f/(5 x 10) = f/50.
Cosa si può fotografare con questi due metodi?
Chi fotografa normalmente sa già che il valore di f/ è importantissimo per determinare la posa da eseguire, quindi l'utilizzo di un metodo piuttosto che di un altro dipende da cosa vogliamo fotografare.
Per decidere cosa fotografare, dobbiamo dare un occhiata al nostro telescopio. Se possediamo un bel newtoniano con un basso rapporto focale, come f/4 o f/6, le nostre pose dureranno relativamente poco. Quindi possiamo provare a riprendere qualche debole nebulosa al limite della visibiltà.
Se possediamo un lungo rifrattore con un rapporto focale di f/10 o f/15, allora possiamo aspettarci lunghe ore di posa per lo stesso soggetto. In compenso sappiamo che le immagini offerte da un rifrattore sono molto più contrastate e nette: perchè non provare a riprendere lo splendente Giove, o non andare a cercare un piccolo cratere sulla Luna?
In altre parole abbiamo capito che uno strumento con un basso rapporto focale, come i newtoniani o gli schmidt-cassegrain a f/6,3, sono fatti apposta per accorciare le pose.
Tipicamente: nebulose, galassie, ammassi aperti e globulari e, nebulose planetarie (attenzione, sono molto piccole!).
Viceversa le immagini di quelli a lungo rapporto focale possono essere ulteriormente amplificate per riprendere soggetti brillanti.
Tipicamente: pianeti, Sole, Luna, stelle doppie.
Non esiste un limite di rapporto focale che vieti l'uso in una maniera piuttosto che in un altra: ciò dipende anche dalla bravura personale.
Altri accessori che prima o poi bisogna comprare
1. Inutile dire che la Terra ruota su se stessa, e di conseguenza le stelle appaiono muoversi in cielo. Quando le pose che effettuiamo superano una certa durata (che dipende soprattutto dall'ingrandimento usato), il movimento delle stelle si traduce in una striscia di luce sulla pellicola: diventa allora d'obbligo il movimento orario per contrastare questa rotazione.
Si tratta cioè di applicare un motore all'asse di A.R. della montatura equatoriale per "inseguire" le stelle, costruito appositamente perchè faccia un giro completo in 24h.
Purtroppo, però, a causa dell'imprecisione costruttiva delle montature stesse (specie quelle più economiche), e per colpa di stazionamenti polari non sempre brillanti, non basta un motorino semplice semplice.
E' necessario ricorrere ai motorini passo-passo dotati di pulsantiera elettronica. Questi motorini sono controllati, appunto, dalla loro pulsantiera, e possono variare la velocità per adattarsi alle esigenze del momento.
2. Se l'insegumento in A.R. non è preciso e deve essere corretto, allora è molto probabile che anche la declinazione necessiti di correzioni. Queste sono solamente costiuite da alcuni ritocchi: se è possibile, è meglio utilizzare un motorino anche lungo quest'asse, per avere maggior precisione e limitare le vibrazioni indotte allo strumento.
3. Come facciamo a sapere se il nostro inseguimento va bene o no? Sarebbe opportuno vedere quel che vede il telescopio, ma la reflex ha lo specchietto alzato e quindi è ostruita.
La prima soluzione consiste nel porre un altro piccolo telescopio parallelamente accanto al telescopio che fotografa. Questo è detto telescopio di guida, e la sua grandezza deve essere in relazione a quella del telescopio principale. Di solito vengono usati i rifrattori, perchè le loro lenti non si spostano quasi mai e quindi sono affidabili.
Il numero di ingrandimenti da usare nel telescopio di guida è, di solito, pari ai centimetri di focale con i quali stà fotografando il telescopio principale.
Se il telescopio di guida fosse troppo grande o pesante, si ricorre allora alla guida fuori asse. Si tratta in pratica di un adattatore fotografico simile a quello misto, ma che offre in più un prismetto che "ruba" un po di luce e la devia verso un oculare laterale. Allora, da quest'oculare, vedremo esattamente cosa vede il nostro telescopio.
Alcune difficoltà e loro possibili soluzioni
Chi si accingerà a fotografare troverà subito che non è per niente semplice.
In effetti la reflex collegata la tubo, il telescopio guida e tutti quei cavi che escono dalla montatura verso una pulsantiera danno un tono molto "professionale" allo strumento: pare quasi di essere dei veri astronomi!
Sarà retorico, però è vero: tra il dire e il fare... eccetera. Ecco perciò alcune difficoltà e relative soluzioni... non definitive, nel senso che probabilmente ce ne saranno di migliori, ma io non ne conosco!
Difficoltà di messa a fuoco di pianeti e stelle doppie.
I vetrini di messa a fuoco nelle reflex sono solitamente smerigliati, e cioè scuri. Di conseguenza ad alti ingrandimenti i pianeti sembrano veramente delle chimere.
La prima soluzione consiste nell'inquadrare la Luna, che di solito è luminosa, e mettere a fuoco su di essa.
Nel caso manchi la luna si può preventivamente preparare un cartoncino tondo del diametro dell'obiettivo del telescopio nel seguente modo in maniera che ci siano due fori da pochi cm lungo un diametro. In questa maniera l'immagine risultera doppia fuori fuoco e sempre più "unica" man mano che ci si avvicina alla focheggiatura ideale.
Nel caso ciò non fosse ancora sufficiente, si può provare a puntare una stella doppia abbastanza luminosa (mv. di circa 3 o 4) e a mettere a fuoco su di essa.
Le foto a breve posa risultano mosse.
Dato che le foto a breve posa ritraggono soggetti luminosi, è più probabile che siano esse quelle mosse. Se la posa dura circa fino a 1/2 secondo, questo problema non dovrebbe porsi. Oltre, si può usare la "tecnica del cartoncino nero" (in effetti sembra il nome di una tecninca ninja...).
In pratica, dopo aver inquadrato il soggetto, si piazza un cartoncino nero o qualcosa di simile davanti al telescopio per ostruirlo, e si fa scattare una posa B (o T).
Dopo qualche secondo le vibrazioni si saranno smorzate e allora utilizzeremo il cartoncino (o cosa per lui) come un otturatore manuale, togliendolo per il tempo della posa e rimettendolo davanti. Poi si farà finire l'esposizione.
Bisogna stare attenti, se non si ha il moto orario, che il soggetto non scappi via mentre aspettiamo!
Nota: alcune reflex impostate in autoscatto, ribaltano subito lo specchietto reflex e poi fanno scattare solo l'otturatore. Dato che la causa principale del mosso è proprio il movimento dello specchietto, la soluzione dell'autoscatto migliora notevolmente le cose.
Le foto dei pianeti sono piccole/mostrano pochi dettagli.
Che i pianeti sottendano angoli molto piccoli è noto. Quindi l'unica soluzione è aumentare la focale del telescopio con oculari più potenti (= focali pù corte) o con tiraggi oculare-pellicola maggiori.
Putroppo ciò causa l'allungamento dei tempi di posa e di conseguenza due problemi:
- Bisogna usare un moto orario piuttosto affidabile e stare più attenti ai mossi accidentali (es. vento);
- Le immagini risultano meno contrastate.
In effetti le foto planetarie mostrano sempre di meno di quanto si vede ad occhio. Ciò è dovuto al fatto che bastano pochissimi secondi di posa perchè le piccole turbolenze dell'aria e le microvibrazioni del telescopio "impastino" le immagini.
Quindi per ottenere più dettagli bisogna minimizzare i tempi di esposizione: in pratica o abbiamo un po' di fortuna nel trovare una serata con l'aria "ferma", oppure spendiamo per un buon rifrattore quanto spenderemmo per una macchina di media cilindrata!
Le fotografie al Sole (importante)
Con la fotografia del Sole, il problema che si pone è esattamente inverso a quello delle "stelle notturne". E' infatti difficile guardare il Sole direttamente ad occhio nudo per qualche secondo: se consideriamo che il telescopio è costruito per amplificare la luminosità di quanto inquadrato, allora non è difficile credere che possiamo rischiare danni permanenti alla vista!
Ecco quali sistemi è possibile usare per ridurre la luminosità (ed il calore) del disco solare.
- Filtro solare che sia avvita al bariilotto dell'oculare. Molto spesso è fornito di corredo con il telescopio. Il suo inconveniente è che, essendo posto in prossimità del fuoco del telescopio, osservazioni prolungate potrebbero surriscaldarlo e romperlo: per questo non è consigliabile usarlo il 15 di agosto all'una di pomeriggio! Bisognerebbe invece mettere un diaframma sull'obiettivo per portare il rapporto focale del telescopio a circa f/20 o f/25, o, meglio ancora, farlo precedere da un prisma di Herschel.
- Prisma di Herschel. Si tratta di una specie di prisma diagonale che però è bucato: lavora in modo tale da espellere dal suddetto foro parte della luce (e del calore) solare.
- Filtro solare da anteporre all'obiettivo. E' analogo a quanto descritto al primo punto, salvo che si fissa davanti all'obiettivo e quindi non corre il rischio di spaccarsi. Putroìppo è costoso quando i diametri diventano grandi: si può però considerare di prenderne uno entro i 15-20 cm di diametro ed adattarlo, poichè di giorno la turbolenza dell'aria non permette quasi mai di sfruttare appieno diametri maggiori.
Fonte: www.uai.it |